Nel nome della Legge 170/2010 sui DSA

Eccomi con un articolo che tratterà un tema con molte sfaccettature. Perché rimanda ad un imperativo, ad un agire che non fa leva su una qualche scelta, ma su una presunta imposizione vissuta tale da chi (e vi assicuro che esiste ancora, a scuola ma anche fuori dalla scuola), ancora nega. I DSA non esistono. I DSA sono una scusa. I DSA sono troppi. I DSA… mah.

Allo stesso tempo, per qualcun altro, il titolo di questo articolo contiene una qualche rassicurazione: esiste una Legge. Un Organo preposto l’ha scritta ed emanata, qualcun altro viene da essa tutelato. Infine, si dà per scontato che verrà fatta rispettare.

Una Legge che dice che vengono riconosciuti i DSA nella Scuola e che gli alunni con DSA hanno alcuni diritti: affinché possano apprendere secondo le loro caratteristiche, essere valutati in maniera equa e formativa, partecipare alla vita scolastica in modo soddisfacente… ed altre cose, che rientrano nel diritto più ampio all’inclusione di tutti gli alunni e le alunne.

Bene. Fatta la premessa, veniamo al dunque.

► Legge 170/2010

Questa Legge 170, non impone agli insegnanti l’utilizzo integrale ed automatico di tutte le strategie e degli strumenti compensativi indicati nelle Certificazioni. Impone di considerarle e di farne una selezione per impiegarle nella didattica.

Leggiamo le prime righe delle Linee Guida allegate al Decreto attuativo della L. 170 con più attenzione:  

La legge 8 ottobre 2010, n. 170, riconosce la dislessia, la disortografia, la disgrafia e la discalculia come Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), assegnando al sistema nazionale di istruzione e agli atenei il compito di individuare le forme didattiche e le modalità di valutazione più adeguate affinché alunni e studenti con DSA possano raggiungere il successo formativo

E poco più avanti:

“Le Linee guida presentano alcune indicazioni, elaborate sulla base delle più recenti conoscenze scientifiche, per realizzare interventi didattici individualizzati e personalizzati, nonché per utilizzare gli strumenti compensativi e per applicare le misure dispensative. Esse indicano il livello essenziale delle prestazioni richieste alle istituzioni scolastiche e agli atenei per garantire il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA”

Viene quindi richiamata la titolarità della Scuola come Istituzione ad utilizzare le indicazioni ricevute dagli studi scientifici, per personalizzare ed individualizzare l’insegnamento e la valutazione.
Questo significa che gli insegnanti scelgono come, quando e perché far utilizzare strumenti ed applicare misure. Non possono essere obbligati ad utilizzarne uno piuttosto che un altro.

► PDP

Riguardo al PDP, si legge il Paragrafo 3.1 delle Linee Guida, che titola: Documentazione dei percorsi didattici.

 “Le attività di recupero individualizzato, le modalità didattiche personalizzate, nonché gli strumenti compensativi e le misure dispensative dovranno essere dalle istituzioni scolastiche esplicitate e formalizzate, al fine di assicurare uno strumento utile alla continuità didattica e alla condivisione con la famiglia delle iniziative intraprese. A questo riguardo, la scuola predispone, nelle forme ritenute idonee e in tempi che non superino il primo trimestre scolastico, un documento che dovrà contenere almeno le seguenti voci, articolato per le discipline coinvolte dal disturbo: • dati anagrafici dell’alunno; • tipologia di disturbo; • attività didattiche individualizzate; • attività didattiche personalizzate; • strumenti compensativi utilizzati; • misure dispensative adottate; • forme di verifica e valutazione personalizzate. Nella predisposizione della documentazione in questione è fondamentale il raccordo con la famiglia, che può comunicare alla scuola eventuali osservazioni su esperienze sviluppate dallo studente anche autonomamente o attraverso percorsi extrascolastici”

Questo passaggio non significa che gli insegnanti sono tenuti ad attuare sempre e comunque, tutti gli strumenti e le misure suggeriti dai clinici o dalla famiglia o da altre figure.
Significa che gli insegnanti devono redigere il PDP indicando le loro scelte e possono prendere in considerazione i suggerimenti che ricevono. Possono ha un suono diverso da devono.
Il PDP è un patto formativo, un accordo tra le parti: scuola e famiglia. Un accordo non prevede che una delle due parti si imponga sull’altra, ma che vi sia una comunicazione efficace nel rispetto delle competenze, dei ruoli, degli obiettivi e della Legge stessa.

Last…but not least: nel rispetto dell’alunna o dell’alunno con DSA.

Rispetto… che cos’e? Come si manifesta? Quali sintomi dà? Ricordiamolo a noi stessi.

Generalmente, abbiamo una prima fase in cui manifestiamo ascolto gli uni per gli altri. Poi, si comincia a comprendersi sulle parole da utilizzare, si pongono domande a risposta aperta all’altra persona, senza dare per scontato che sappiamo già la risposta meglio di lei/lui…

Infine, la sintomatologia più comune di un clima di rispetto reciproco, prevede diversi segnali abbastanza riconoscibili:

  • Prima di tutto dà adito ad un PDP ben fatto, che sia veramente utile a tutti: all’alunno perché siano riconosciute le sue esigenze formative, agli insegnanti perché si sentano efficaci nel loro lavoro, ai genitori perché sappiano cosa aspettarsi e siano sereni
  • Conseguentemente, in un clima di rispetto, ci ritroviamo con uno studente che riesce a dedicarsi allo studio senza avere attacchi psicosomatici: affronta le sfide quotidiane, benché con fatica, in base alla sue possibilità e potenzialità.
  • Sempre come effetto di un clima di rispetto, possiamo riscontrare una famiglia che si sente supportata dalla scuola nel proprio duro lavoro di offrire al figlio un aiuto concreto ed una possibilità di futuro pari a quella dei suoi coetanei.

Ma tutto ciò non avviene nel nome di una Legge. Nessun patto formativo deriva da un semplice obbligo: è necessario vi sia una scelta, una condivisione, l’adesione ad un progetto in cui a imparare non è mai solamente lo studente…  

Un patto formativo si stringe infatti nel nome dell’equità, del desiderio da parte di tutti di crescere: imparare ad essere insegnanti, imparare ad essere genitori, imparare a smetterla con l’autoritarismo vuoto e inaccettabile (certi insegnanti non si offendano…ma sì….sto parlando proprio con voi) ma anche con l’arroganza (e qui mi riferisco a qualche genitore…).

Nel nome delle nuove generazioni di studenti con e senza DSA… propongo di adottare come principale strumento compensativo il rispetto reciproco e come misura dispensativa trasversale a tutte le discipline, l’astenersi dai pregiudizi. 

Mettiamoli nel PDP, darà ottimi risultati.


Cristina Franceschini

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